Intervista al segretario nazionale dell’Edera Francesco Nucara

"Come rilanciare il Partito Repubblicano Italiano"

Il Partito Repubblicano Italiano rappresenta nel suo insieme la storia del nostro Paese. Nasce dal pensiero filosofico del grande Giuseppe Mazzini che ha espresso in questo movimento politico i suoi pensieri e i propri sentimenti. Nella politica attuale i sentimentalismi non servono a nulla, ma guardando il PRI ci sentiamo figli della storica tradizione repubblicana. Il passato, per molti non conta molto, invece non dobbiamo dimenticare che proprio il passato deve farci costruire il futuro delle nostre generazioni. Vedendo le risposte del segretario dei repubblicani Nucara, durante l’intervista, mi è sembrato di vedere una persona che ha nostalgia della storia scritta dal repubblicanesimo. Egli possiede la precisa intenzione di rinnovare il partito, dopo anni in cui sono stati costretti a rivedere la loro gestione interna. Un progetto politico non deve nascere solo nelle stanze dei circoli o nelle sedi del potere, ma deve crearsi nella mente di ognuno, solo così possiamo portare un serio rinnovamento culturale.

Segretario Nucara in che modo rilancerà il Partito Repubblicano Italiano?

Il Partito Repubblicano vive una crisi profonda dal 1994. Per buona parte degli osservatori e anche per alcuni storici esponenti della dirigenza repubblicana, il PRI andava persino considerato morto in quell’anno, dopo un traumatico Consiglio nazionale che produsse una divisione profonda. Non bisogna farsi impressionare dal fatto che il partito nelle condizioni in cui si è trovato oggi sia fuori dal Parlamento. La storia è lunga. Nell’alleanza di centrodestra abbiamo trovato molte difficoltà, la richiesta di Berlusconi di unificare in un solo soggetto storie e realtà differenti ci ha trovati indisponibili. Il rilancio del partito nasce dalla stessa diversità repubblicana che noi intendiamo mantenere. Abbiamo elaborato e dovremo continuare ad elaborare un progetto liberal democratico che rappresenta il futuro politico del Paese. Noi abbiamo una convinzione politica di fondo: e cioè che l’Italia vive una anomalia da molti anni ma questa non è rappresentata da Berlusconi. Semmai dall’idea che socialisti e cattolici debbano stare in uno stesso partito contro Berlusconi. Invece, socialisti e cattolici devono differenziarsi come sono differenziati in tutta Europa. A quel punto quell’area liberale che si riconosce nel Mondo e nel Partito Repubblicano si ritroverà. E vedrete che è molto più vasta di quanto si creda. Ma abbiamo davanti un processo lungo e bisogna saper avere pazienza. Nel prossimo Congresso straordinario del Partito che terremo entro l’anno vedremo di fare un primo passo avanti per rilanciare il nostro progetto, rinnovando la dirigenza.

In futuro farà altre coalizioni con il centrodestra?

Se il centrodestra sa interpretare le esigenze del Paese meglio di quanto possa fare il centrosinistra, perché no? I repubblicani si preoccupano dei contenuti, non degli schieramenti. Teniamo presente che oggi i liberali governano con i partiti conservatori in Germania ed in Inghilterra. Governavano con i socialisti in quei paesi negli anni ‘70 del secolo scorso, ovvero, quando c’era la necessità per il socialismo occidentale di distinguersi da quello orientale. Un problema che oggi è superato, e liberali e socialisti sono principalmente conflittuali.

L’Italia come si potrebbe risollevare dal disastro economico?

Non si può pensare di prescindere dal rigore, del resto il premier Letta dà la misura di questo impegno da mantenere. E’ vero che il rigore in condizione di recessione come l’attuale, crea un’ulteriore depressione, ma dobbiamo renderci conto che abbiamo avuto negli anni, e purtroppo non solo in quelli di Berlusconi e Prodi, un debito insostenibile. Mi ricordo di Guido Carli ai tempi del governo De Mita che rassicurava che si sarebbe rientrati dal debito in tre anni. Era il 1988. E’ chiaro che bisogna per lo meno razionalizzare le spese dello Stato. Sono sostenibili tre o quattro livelli di governo? Per questo noi siamo stati sempre contrari all’istituzione delle Provincie e bisogna incominciare ad abolirle sul serio. Lo hanno detto tutti, non lo fa nessuno. Sarebbe un passo importante perché va ripensata la spesa pubblica nel suo complesso e bisogna iniziare da un nodo cruciale. Il sistema del welfare va ripensato. Solo allora potremo chiedere di abbassare le tasse, di investire, di allentare il rigore e quindi riprendere a crescere. Non vorremmo che ci si convincesse delle sole argomentazioni degli Stiglitz e dei Krugman, che si fondano principalmente sulle aspettative di una realtà economica come quella americana, un po’ diversa dalla nostra.

In queste ultime elezioni il PRI ha avuto un risultato poco brillante. Secondo lei, dove avete sbagliato principalmente?

Non ci siamo presentati quasi da nessuna parte e forse sarebbe stato meglio non presentarsi. Il partito deve assumersi le sue responsabilità fino in fondo in tutte le sue strutture. E’ chiaro che è più conveniente trattare separatamente tutti gli accordi regione per regione. Abbiamo un modo curioso di interpretare il bipolarismo: ci si allea con i vincenti o si sale sul carro del vincitore. Io voglio una partito di battaglia non un partito di complemento. Temo che sia prevalso il partito di complemento appena abbiamo lasciato il centrodestra. E questa è una riflessione amara che porteremo al Congresso. Il Partito Repubblicano di complemento non serve al Paese e non fa onore alla nostra tradizione.

Darebbe sostegno ancora una volta ad un governo Monti?

Certo, non era sbagliato il sostegno a Monti, ha sbagliato Monti a utilizzare quel sostegno nel modo in cui l’ ha fatto. Bisogna confrontarsi sempre con chi ti sostiene per quanto gracile numericamente possa essere, soprattutto quando la politica non la si conosce e si proviene dall’Università. Sono due mondi molto diversi.

Intervista a cura di Agrippino Castania, "TheUniversalWorld. com", 4 maggio 2013